lunedì 31 maggio 2010

LALIBERA - Via Elvio Pertinace 24, Alba (CN)


 

E' avvenuto qui il mio battesimo con la cucina piemontese, ai tavoli de LALIBERA, ristorante dall'arredo minimal-giapponese nel centro di Alba, reginetta delle langhe.

Io e Mr R ci accomodiamo in un salottino con quattro tavoli, oltre noi ci sono due coppie di ragazzi e un rumoroso gruppo di inglesi alle prese col Dolcetto. Il servizio è sollecito, un pò impostato, formalmente gentile. Ordiniamo un Barolo preceduto da due bicchieri di bianco: Roero Arneis di Matteo Correggia. L'incontro con questo elegante vino è per me una bellissima scoperta: sentori di legno e profumi intensi che ora riposano sul mobile del microloft romano chiusi in sei (già quatro) bottiglie firmate Fenocchio. Il Barolo invece è lui, l'Ernest Hamingway dei vini: tabacco, foglie e terra, uniti in un gusto deciso, speziato, severissimo all'inizio e poi morbido, man mano che prende confidenza. Mi ricorda qualcuno.


La carta è ricca di possibili desideri: Crudo di fassone piemontese o di Pesce spada leggermente affumicato, Tortino di parmigiano, luvertin e uovo di quaglia, Capesante scottate con minestrone di verdure primaverili, Anguilla in carpione di aceto rosso e le nostre scelte per l'antipasto: Cotechino lesso con carciofi stufati e la Tradizione (una ensemble di peperoni ripieni, vitello tonnato, crudo di fassone e insalata russa)


Non ho mai saputo apprezzare il cotechino, lo confesso, ma questo, navigatori, era eccellente. Morbido, sapientemente insaporito, perfettamente incastrato al gusto inconfondibile dei carciofi, ottimi anche loro. 
La Tradizione invece mi ha un pò deluso. Tranne la carne cruda di Fassone, il resto non aveva niente di veramente eccitante. 
Poi i primi: dalla carta ordiniamo Tajarin al coltello con ragout di vitello e Agnolotti del "plin" al sugo d'arrosto. C'erano anche: Maltagliati di pasta fresca al sugo di spugnole e ragusano, Lasagnetta di asparagi e burrata, Spaghetti di gragnano con seppie e broccoli, Ravioli ai tre arrosti in brodo di cappone.


Dunque. Buoni eh, navigatori, intendiamoci. Solo che non tutto era equilibrato come piace a me. Certo "oggettivo" e "soggettivo" in quanto a cibo sono parametri che rischiamo di confondere spesso, ma ritengo che entrambe le pietanze potevano essere più accattivanti, magari con sapori più decisi, separati. In ogni caso è stata la prima di una lunga serie di incontri con i vari plin e Tajarin e non sono stati di certo questi i due più buoni che io abbia assaggiato in Piemonte. 

Scamone di vitella ai capperi di pantelleria, Piccione disossato all'aglio e rosmarino, Trippa alle verdurine gratinata ai pistacchi di bronte, Lesso di scaramella con verdurine, Finanziaria, Trancio di cernia scottata con coste bianche. Per noi Lesso e Trippa come secondo.


A Mr R la trippa è piaciuta. Voglio dire, non è impazzito di gioia, non è saltato giù dalla sedia urlando, non si è strappato i vestiti correndo nudo per le strade di Alba, ma è cmq rimasto mediamente soddisfatto. Il bollito era di qualità ottima (come tutte le materie prime a LALIBERA), così le verdurine, ma le salse che accompagnavano questo piatto non mi sono piaciute neanche un pò. Non si può avere tutto. 
Concludiamo il pasto con un ottima panna cotta e fragole


Per finire, navigatori, il siparietto delle ossessioni. Ognuno ha le sue, io ho scoperto che fotografare (male) i bagni di ristoranti e locali, importanti o bettole che siano, è la mia. Siate compassionevoli.


Ci alziamo dal tavolo lasciando 150€ agli eleganti formalotti dello staff, senza troppo entusiasmo ma decisamente sazi.
Il battesimo è andato bene, io e Mr R abbiamo parlato tutto il tempo di cibo (buon segno) e la visita al ristorante di Alba ci ha lasciato tanta voglia di continuare a scoprire le meraviglie gastronomiche di questa splendida regione.
Restate sintonizzati, navigatori, ne vedrete delle belle.

Boccadirosa

martedì 25 maggio 2010

OnTheRoad - dal Barolo al Chianti - le tappe



Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare.
Andrej Arsen'evič Tarkovskij

Così scriveva Tarkosvskij e, a sentir lui, ciò che Mr R e io serbiamo nel profondo delle nostre anime è una sterminata distesa di vigne. E tavole imbandite. E paesaggi incredibili che tolgono il respiro.

In questo post, il primo della (spero) lunga serie OnTheRoad, troverete un veloce, per quanto possibile, resoconto delle tappe effettuate durante il nostro passaggio a nord. Le recensioni le potrete leggere nei prossimi interventi.

Maggio, 20
Ore 10.00
Destinazione : ALBA (CN)

Sarebbe bello poter scrivere: partiamo da Roma alle prime luci dell'ALBA. Avrebbe un che di poetico e introdurrebbe l'argomento. Sarebbe però terribilmente falso.
Scriverò dunque: partiamo da Roma quando l'ALBA è già passata da un pezzo. Corretto.
Il viaggio che ci attende non è dei più brevi, ma siamo in vacanza ed è tutto perfetto. Roma alle 10 del mattino è il solito bellissimo casino. Lo smog è adorabile. La fila sulla tangenziale Est: un' emozione inarrivabile.
Gina, il nostro navigatore satellitare, da informazioni su tempi di percorrenza, itinerari e orario d'arrivo. Mi sistemo dal lato passeggeri, osservo per un pò Mr R guidare di buona lena, mi addormento all'altezza di Orvieto e mi sveglio alla prima delle tre fermate effettuate durante il viaggio: Firenze Certosa. Poi Modena e Piacenza. L'arrivo ad Alba Gina lo ha previsto intorno alle 16.30 e sugli orari dovete lasciarla stare: la ragazza non sbaglia mai.
Ed è sempre lei a guidarci fino a Via Torino 6, l'indirizzo del BandB La Terrazza sulle Torri dove abbiamo prenotato per le prime due notti. La strada è a pochi metri dal centro, davanti a noi la fabbrica della Ferrero manda continui olezzi golosi di Nutella ed affini


Le camere sono moderne, luminose, equipaggiate con ogni comfort: dal Wi-Fi all'aria condizionata, dai pulsantini elettrici per aprire e chiudere ogni cosa fino alla doccia con sedile e base in legno. Siamo molto soddisfatti


Lasciamo i bagagli e scendiamo ad Alba. Il paese è molto carino: aree pedonali in centro e  graziosi palazzi bassi.


Alla fine del corso principale la vista si apre sulle colline: da lì cominciano le desolate langhe ma prima di perderci in tutto quel verde dovremo pazientare ancora un pò.
Prenotiamo la cena nel ristorante Lalibera, consigliato dalle guide e da Lorenzo, proprietario del BandB e aspettiamo che arrivino le 8 sorseggiando spritz ai tavolini di un bar. Dopo cena un breve passaggio in piazzetta per rum e vodka, poi finalmente conquistiamo il letto, addormentandoci in tempi da record.

Maggio, 21
Ore 09.00
Destinazione: Torino, Rivoli

Al nostro risveglio, nel piccolo soggiorno comune de La terrazza sulle torri,  ci attende una tavola apparecchiata e imbandita con pane, biscotti, marmellate, caffè, tè e dolci fatti in casa. Ci nutriamo e carichiamo Gina per la nuova destinazione: EATALY Torino. Gina però non riconosce tutte le strade intorno ad Alba, ci invita a fare un paio di inversioni ad U sulla superstrada e vede rotatorie ovunque, anche lì dove non ce ne sono, ma alla fine, verso mezzogiorno, eccoci in città.
Non ci addentriamo in centro, non ne abbiamo tempo. O forse lo avremmo pure ma Mr R e io siamo attirati  da una specie di enorme campo magnetico in via Nizza 230, nella sede de :"Il più grande centro enogastronomico del mondo, dove poter comprare, mangiare e studiare cibi e bevande di alta qualità", così dice il cartello.


Trascorriamo non meno di quattro ore per i corridoi ricolmi di eccellenze, mangiamo in uno dei tanti ristorantini, compriamo libri, spezie, dolci, pasta, tonno, vino, birre e molto altro per la modica cifra di 200 e passa €.

Con Gina sempre più confusa riprendiamo la strada per Alba. Nel percorso ci lasciamo cullare dal panorama: le colline del Roero ci accompagnano con infiniti toni di diversi colori in questa splendida giornata di sole


Tornati al nostro BandB ci concediamo un breve momento di relax, breve veramente perchè poco dopo siamo già pronti per partire e stavolta la destinazione è ancora più lontana di Torino: Rivoli. A vedere il Castello? No. A visitare il Museo di Arte contemporanea? mi sarebbe anche piaciuto, ma No.
Sempre il cibo, cari navigatori, è la nostra chimera e non potevamo mancare l'appuntamento con il famoso e stellato Chef Davide Scabin al suo Combal.Zero, nella suggestiva cornice della antica residenza sabauda. 


Spioncini nascosti, cancelli elettronici, eleganza e gentilezza, vista mozzafiato ma questa, navigatori, è un'altra storia. Una storia che è durata almeno 4 ore e del viaggio di ritorno non ricordo nulla, per fortuna che c'erano Gina e Mr R che collaborando, a volte litigando, mi hanno fatto ritrovare nel comodo letto per l'ultima notte ad Alba.

Maggio, 22
Ore 9.00
Destinazione: Langhe Desolate

E' il momento di lasciare La terrazza sulle torri. Salutiamo Lorenzo e la simpatica moglie, ringraziamo per l'ottima accoglienza e paghiamo 90€ per ogni notte, spesi bene. La prima tappa del nostro giro nelle langhe è Barolo. Con qualche difficoltà riusciamo a raggiungere il bellissimo paesotto e visitiamo l'Enoteca Regionale del Barolo, niente per cui varrebbe la pena morire.


Subito dopo raggiungiamo l'azienda agricola di Giacomo Fenocchio, produttore di ottimo vino. Si trova nel comune di Monforte d'Alba, nei vigneti di Bussia, Cannubi e Villari. Ci accoglie con le sue  bellissime figlie e ci coccola per qualche ora raccontandoci i suoi segreti, facendoci assaggiare vino direttamente dalle botti e vendendoci diverse casse di Barolo, Barbera e Arneis: e già. Non abbiamo potuto resistere.


Riprendiamo la macchina sempre più carica e ci dirigiamo verso Sinio, dove l'Azienda agricola e Agriturismo Il Trifulau ci ospiterà per il pranzo e la notte. Da raggiungere è un'impresa non da poco e l'accoglienza ci sembra un tantino spaesata. Comunque il posto è bello, immerso nelle vigne con vista su Serralunga d'Alba e il pranzo non è niente male: Tajarin al ragù di carne, Ravioli del Plin con burro e salvia, Scaloppe al tartufo nero e asparagi. Tutto annaffiato con il vino della casa (ossia prodotto da loro), un discreto vino biologico.


L'operazione Trifulau al completo ci costerà 113€. Nel pomeriggio abbiamo appuntamento con un altro produttore: Franco Boasso, Azienda agricola Gabutti, Serralunga d'Alba. Anche lui gentile come si trova di rado, pronto a farci assaggiare i suoi gioielli e a guidarci nelle cantine. L'acquisto di altre bottiglie è d'obbligo e tra valige, cibi eccellenti e casse di barolo, in macchina non entra più neanche uno spillo.


Il sabato pomeriggio nelle langhe è molto tranquillo, si vedono piccoli gruppi di turisti, vecchietti seduti fuori dalle case e nei rari bar, ristoranti in attesa di clienti. Ma presto e a nostre spese, ci rendiamo conto che la cena del sabato sera qui è una cosa seria. Guida Slow Food delle Osterie d'Italia alla mano cominciamo a chiamare in ogni locale segnalato, spaziando per tutti i paesi dei quali abbiamo letto indicazioni lungo la strada ma nessuno ha un posto a sedere per due, nessuno tranne uno, che ci ha risposto positivamente poco prima di perdere le speranze: Cascina Schiavenza
Anche questa è un Azienda agricola, anche gli Schiavenza producono vino, allora perchè no: Schiavenza sia. Dietro la Chiesa di Serralunga d'Alba, il ristorante è in una posizione incantevole con un terrazzino che si affaccia direttamente sulle vigne. Mangiamo (molto bene) e rientriamo al Trifulau. Domani saluteremo le langhe lasciando un pezzetto d'anima in questi luoghi con la promessa, come sempre in viaggio, di tornare, ancora e ancora.

Maggio, 23
Ore 9.00
Destinazione: Castelnuovo Berardenga (Siena)

Il viaggio dura 5 ore e Gina lo sa. Ma quello che non sa Gina è che Mr R ha accumulato un pò di rancore verso di lei, rancore destinato ad esplodere quando la voce petulante dell'apparecchio ci segnala un'uscita dell'autostrada anziché un'altra. Mr R segue l'indicazione e ci ritroviamo proprio dove avevamo attentamente evitato di essere all'andata: l'autostrada che passa per Genova, la Spezia e procede verso Livorno. Gallerie infinite, lavori in corso, rallentamenti ogni 2 kilometri e tanto stress. Ma alla fine della strada è il paradiso ad attenderci, anche se noi non lo sappiamo ancora.
Dopo varie pause caffè eccoci a Siena. Seguiamo per Arezzo fino all'uscita di Castelnuovo. Quella che stiamo cercando è una località di nome Pacina e Gina stavolta si riscatta guidandoci sapientemente.
I colli senesi sono verdi, pieni di vigne, olivi, coltivazioni di cereali e fiori. Antichi casali nascosti dagli alberi si intravedono ad ogni curva ma il posto dove stiamo andando va ben oltre ogni  aspettativa. Pacina è un convento del 1000 dove vivono Stefano e Giovanna con i loro figli. Insieme gestiscono un'Azienda agricola che produce, tra le altre cose, un eccellente vino biologico: Chianti dei colli senesi. A pochi passi c'è il Casale dove dormiremo. Ve lo mostro perchè le parole servono a poco:

 

e gli interni (con piscina, palestra, biliardo...)


Molliamo i bagagli disordinatamente e ci buttiamo nell'acqua calda della piscina interna, ci siamo solo noi in tutto il casale, di questo ringraziamo gli Dei, i Buddha della terra e Bacco. A ognuno il suo.
Il pomeriggio lo passiamo a Siena, ma i nostri cuori sono rimasti al casale di Pacina e dopo una cena molto discutibile all'Hosteria il Carroccio siamo già di ritorno. Ci sdraiamo a guardare le stelle sulle panchine di marmo nel giardino, sorseggiamo un pò del vino che nasce da quella terra e ascoltiamo grilli e ranocchie, qualche rapace notturno e il nostro respiro, niente altro.

Maggio, 24
Ore 9.00
Destinazione finale: Roma

E' finita. Boccadirosa è disperata ma deve accettare la realtà. Si torna a casa e per un bel pò non ci si sposterà dalle quattro mura del microloft. Ma prima di partire manca ancora una cosa: la visita alle vigne e cantine di Pacina. L'umore si risolleva, gli occhi e le orecchie si concentrano di nuovo e con Stefano al nostro fianco siamo pronti alla gita.
Dietro al convento c'è la distesa di vigne coltivate dall'Azienda Pacina, sui colli senesi. Stefano ci spiega ogni passaggio della produzione del vino biologico e i sensi che abbiamo a disposizione completano le informazioni grazie al contatto diretto. 

 

Assaggiamo ancora qualcosa ma sono solo le 9 del mattino, forse è meglio rimandare. Ci vengono regalate altre bottiglie da portare a casa e questo è confortante. Abbiamo decine di litri di vino a ricordarci di questo viaggio e quando hai visto la terra dove nasce l'uva, hai parlato con chi la coltiva e hai sentito l'odore della cantine dove riposa, l'emozione in bocca è davvero un'altra cosa. 
Salutiamo Giovanna e Stefano e riprendiamo la via che ci riporta a casa. 
Nella memoria conservo odori e sapori, colori e sensazioni che queste terre magnifiche mi hanno lasciato e osservo la vita tornare a scorrere col suo ritmo normale, ma mai annoiato
navigatori. Ci sono troppi cibi ancora da mangiare, troppi vini da assaggiare e una serie infinita di viaggi da programmare!

A presto
Boccadirosa

Prossime Recensioni:

sabato 15 maggio 2010

SFORNO - Via Statilio Ottato, 110/116 Roma



La vita è un susseguirsi di scelte. Ogni secondo racchiude in se infinite possibilità e sta a noi individuare la rotta da prendere. Scegliere è quello che facciamo istante dopo istante, è l'azione che scandisce il tempo, che determina la nostra posizione attuale nel mondo e che fonda quello che saremo nel futuro. A volte bisognerebbe avere la forza di rischiare perchè il mare delle occasioni va ben oltre i limiti della nostra mente. C'è chi naviga a vista, chi segue la bussola, chi non ha il coraggio di uscire dal porto e chi si avventura imprudente nella tempesta, e ognuna di queste rappresenta comunque una scelta, che lo si voglia o meno.

Giovedì pomeriggio, non lavoro. Scendo in strada e raggiungo la vicina libro-enoteca. Sarei potuta restare a casa a leggere o a scrivere. Averi potuto cucinare, telefonare, sistemare i vestiti. Stirare(?), lavare le mattonelle del bagno, suonare la chitarra. Scelgo invece di scendere e chiamo Wolf per un aperitivo. Wolf mi raggiunge: poteva fare un numero infinito di altre cose ma eccolo arrivare sulla sua moto in elegante giubbotto di pelle nera. Insieme decidiamo di assaggiare un vino spumante molto particolare:


Riserva Coppo 2002,  brut affinato in barrique, scelta interessante.

Poi il vaglio delle opportunità: Osteria? Enoteca? Ristorante? Agriturismo? Kebab? Sushi? Finger food? Carne? Pesce? Vegetariano? Greco? Indiano? Molecolare? Intercontinentale? Sperimentale? Dietetico? Messicano? Africano? Kosher? Vegano? Fruttariano? O magari un Bio Bistrò?
No. 
Pizza.
E pizza a Roma vuole dire per noi (spesso): Sforno, via Statilio Ottato 110/116 (una traversa della Togliatti). Inforchiamo il motorino e raggiungiamo la piccola via in una zona  molto popolosa della città: siamo circondati da palazzi con piani alti, macchine, garage e qualche albero. Sotto uno di questi edifici ci attendono i tavolini verdi di Sforno che, sfidando il maltempo, ha già sistemato alcune sedute sul marciapiede. Le ragazze ci consegnano i menù delle pizze e della birra e qui la storia delle scelte, navigatori, si fa veramente complicata. 
Ci sono pizze di ogni tipo. Dalle classiche bianche e rosse alle più particolari segnate sulla lavagna: pizza tortellino, pizza basca (baccalà e crema di peperoni), pizza lasagna, cacio e pepe, parmigiana, Greenwich e così via.
I supplì: gricia, porri e provola, taleggio e asparagi, funghi e salsiccia ecc.
E le birre: da Italia, Belgio e Bretagna tanti di quei nomi e di quelle descrizioni da ubriacare prima ancora di toccarne una goccia.
Noi però siamo persone risolute e non ci facciamo intimorire. In breve queste le decisioni prese al tavolo:

Panzanella di baccalà


Supplì funghi e salsiccia


Pizza fiori di zucca e alici


Pizza Lasagna


Da bere per Wolf una birra di frumento e per me una lager alla spina.
Avevamo scelto argomenti importanti per accompagnare questo pasto, ma tra un gridolino di piacere per la panzanella, un urletto scomposto nell'assaporare il supplì e il continuo mugugnare di lussuria per le pizze, della discussione ho solo un vago ricordo.
Ricordo però l'eccellente qualità della ricotta di bufala che dominava la pizza lasagna, il gusto straordinario dell'impasto, la cottura perfetta del riso e la simpatia dei gestori di questa pizzeria che rimane, ad oggi, la mia preferita a Roma.
Paghiamo il conto, 20€ a testa, e scegliamo di passare da Remigio per un calice di champagne: Pascal Mazet.
La serata è finita con uno shottino di vodka Moskovskaya alla stessa libro-enoteca della Riserva Coppo, giusto per chiudere il cerchio come avrebbe fatto Giotto, e con l'attesa di Mr R al quale ho consegnato una lussuosa doggy bag del dopo lavoro: panzanella di baccalà, supplì taleggio e asparagi, baccalà panato. Scelta gradita, mi è parso.

Così funziona: c'è una decisione possibile in ogni battito, in ogni respiro ed è necessario esserne profondamente consapevoli. Il rischio, al contrario, è di perdere il controllo della vita, lasciare che siano gli eventi a dominarla e dimenticare quanto di bello c'è nell'essere noi stessi, esattamente così come siamo.

A presto, navigatori
Boccadirosa



lunedì 10 maggio 2010

Le sette vie della gioia n°2: amore a prima vista




Ah... l'amore.
Spero che ognuno di voi l'abbia potuto incontrare, almeno una volta.
Però aspettate, non parlo dell'amore che si costruisce nel tempo, lentamente. Quello che cresce con parole e carezze e vita vissuta fino a vincere ogni resistenza.
No. Parlo di un altro tipo d'amore.
L'amore a prima vista, navigatori.
Esplode senza preavviso, ubriaca di appartenenza, parla ad una intimità nascosta negli abissi segreti ed è come se quella persona, quella cosa, quell'emozione l'avessimo disegnata mille volte nei nostri sogni.

Io l'ho provato, sapete.
Ho amato Tim Burton dal primo fotogramma in cui sono inciampata e tuttora è un amore infinito, il mio per lui.  Ho amato i Tool per un solo feedback che ho sentito uscire dagli amplificatori di Adam Jones e ho chiaro il ricordo della voce di Maynard Keenan quando sussurrò nelle mie orecchie ancora vergini di lui facendomi promettere eterna fedeltà.
Poi Trent Reznor, Layne Staley, Kurt Vonnegut, Bret Easton Ellis. Alda Merini, Los Angeles, mia madre, mio padre, il mare della Grecia. Gli squali, il Mac, le braccia di Mr R, Tarantino. Chuck Palahniuk, Attila il mio cane, Roberto Benigni, Jonathan Safran Foer, i miei cugini. Spiderman, i cavalli, la Fondue Bourguignonne, la vodka. La carne alla brace, il Brunello di Montalcino, i vini piemontesi, l'albero di Natale. La neve, la danza Maori, il Sutra del Loto, i broccoletti ripassati. Gli amici, il gelato, i Riesling, lo schermo di un cinema. I vampiri, Barcellona, la pizza, Emir Kusturica, Batman, lo Champagne.
I prati inglesi, le candele, l'aperitivo preso in spiaggia dopo una giornata di sole, la doccia prima di andare a dormire. Cucinare per la persona che ami, suonare la chitarra sulla rampa delle scale perchè lì l'acustica è migliore e cantare. 
Imparare ad usare il diaframma, saperlo muovere ed infine mangiarlo, il diaframma. Esatto. 

E' di Pannicolo che stiamo parlando, navigatori, di chi se non lui.



Non ricordo di averlo mai assaggiato prima di oggi: rettangoli di carne rossa morbidissima, così ricca di proteine che ti sembra di sentirle in bocca mentre mastichi e il sapore è unico, denso, deciso. Mr R ha cotto il pezzo di Fassone piemontese prima in padella e poi con il calore del forno insieme alle patate con il quale lo ha servito. 

All'inizio c'è stato un omaggio ai sughi di "nonna", quelli cotti per tante di quelle ore da assumere  il tipico colorito rosso-arancio da scarpetta. Ottimo.

Cannolicchi rigati al sugo di spuntature


Il vino: Ciro Picariello, Aglianico Zi Filicella 2007


Che dire, navigatori, una giornata importante questa: ho una nuova passione da nutrire, un nuovo amore da aggiungere alla lista e coltivare e vi prometto che ne avrò massima cura e che non lo tradirò, finché morte non ci separi. 

A presto 
Boccadirosa

giovedì 6 maggio 2010

L'OSTE DELLA BON'ORA E ALTRE AVVENTURE - seconda parte

... segue da qui

Continua a piovere. Il motorino cerca di schivare goccioloni impertinenti che si infilano tra i nostri corpi e li bagnano lentamente. La stoffa umida diventa fredda e la velocità non aiuta. Superiamo una salita piena di macchine ferme ai lati. Osserviamo i volti esterrefatti di padri e bambini incuranti della pioggia, fissare bottigliette d'acqua rotolare in salita, palline rotolare in salita, le ruote stesse delle auto risalire la china del monte con la marcia in folle, perchè quella non è una salita normale. Leggende di ogni tipo accompagnano questo tratto di strada. C'è chi parla di magnetismo, altri di effetto ottico, qualcuno grida al miracolo, fatto sta che la maledetta pallina rotola ancora, e in salita. Oltre, il bosco diventa più fitto, c'è un piccolo bivio, voltiamo a destra. Poco dopo ci appare una grande casa, un albergo con un ampio parcheggio di terra davanti. Siamo diretti lì: hotel Miralago, Via dei Cappucini 12, Albano Laziale. Del paese non v'è traccia, solo strade che nel buio proseguono a tagliare il bosco, scendono, curvano, risalgono e finalmente si dissolvono all'orizzonte.
Parcheggiamo e scegliamo un posto a sedere nell'ampio cortile, un tavolo al coperto perchè la pioggia continua a scendere.
Il Tronco e Mr R raggiungono l'entrata dell'Hotel, io e Violetta ci accordiamo con un cameriere per ottenere un amaro della Sibilla ed un piccolo Vodkatonic. Quando i due tornano al tavolo brandendo  rum e caffè, iniziamo una lunga discussione sugli eventi mistici di questi luoghi. Racconto di aver visto un alieno, un folletto e anche una strega con le unghie lunghe e crine di cavallo al posto dei capelli. Nessuno mi crede, buon segno: siamo ancora sobri. Poi però la pioggia diventa più insistente, il tintinnare copre le nostre chiacchiere, il freddo penetra nelle ossa come un chiodo nel legno morbido. Il Tronco comincia ad assumere uno strano colorito, è coperto soltanto con una piccola giacchetta di pelle nera, è il caso di entrare.
Su di un grande tavolo imbandito ci sono stuzzichini di ogni genere. Pizzette, tramezzini, fave e pecorino e al centro una lampada con cioccolato caldo e tante fragole rosse. L'incantesimo deve esserci stato fatto in quel momento e forse proprio dalla strega di cui sopra.
Ci accomodiamo all'interno, sembra tutto normale. Poco dopo però Mr R smette di parlare e stringe gli occhi per osservare meglio qualcosa a pochi metri da noi. Violetta e Tronco guardano nella stessa direzione e lo vedono: il frigo bianco con i vini in esposizione erge a lato del caminetto e contiene qualcosa che attira la nostra attenzione. Champagne, Champagne all'Hotel Miralago. Un effetto ottico? No.
In accordo tacito e unanime fermiamo Giovanni, colui che di lì a poco sarebbe diventato il principale complice delle nostre malefatte: un uomo sulla quarantina, accento ligure, occhialetti sul naso e divisa da sala. La bottiglia che si materializza sul nostro tavolo è questa:


Un secchiello la tiene in fresco, i bicchieri accorrono in nostro aiuto, dal rum siamo tornati allo Champagne e ditemi voi se non è un anatema questo. Giovanni deve aver colto il nostro sguardo correre al tavolo imbandito. Mr R dice qualcosa in merito alle fave e al pecorino, in breve ad accompagnare lo Champagne compare la famosa accoppiata di inizio Maggio


La discesa agli inferi è appena cominciata e già la sua pendenza è considerevole. O forse è una salita, come succede da queste parti, irta e piena di ostacoli, il primo dei quali ce lo consegna Giovanni senza richiesta alcuna:


La bottiglia biodinamica si insinua tra noi e lo Champagne, si mette in mezzo, ci costringe a passare da questo a quello e sulla via del ritorno. Lentamente cominciamo a realizzare di esser finiti in una trappola ma nessuno di noi a voglia di scappare. Siamo pronti a lottare. Dopo il biodinamico non richiesto arriva il pesce fritto


Il pranzo dall'Oste è un lontano ricordo, sono le sei e mezza del pomeriggio e il nostro tavolo appare costipato di cibi e vini, piatti e bicchieri, ed è ancora niente.


"Vedi quella? - dice Mr R indicando qualcosa nel frigo - mettila in fresco, grazie". A Giovanni brillano gli occhi, è come invasato. Corre da una parte all'altra, dà ordini ai camerieri, sembra aver ritrovato qualcosa che aveva perso da anni e guarda caso proprio nei nostri occhi. Mr R ha scelto un altro Champagne: Fleury Rosè


A questo punto i discorsi al tavolo sono confusi. Si parla di vino. Mr R e il Tronco sono impegnati in discussioni accorate sul metodo biodinamico, io e Violetta, ritrovata nell'alcol la nostra femminilità, ci facciamo delle confidenze da donne con lo smalto e considerate, navigatori, che io le unghie me le mangio, pure quelle.  Ci alziamo per andare a fumare, mai errore è stato più grave. Al nostro rientro ancora un'altra bottiglia, ancora un'altra proposta di Giovanni che non molla: noi siamo le vittime, lui lo psyco-killer-sommelier.


Per sostenere i nostri corpi sbattuti dal mare di vino in tempesta ordiniamo altro cibo, carpacci questa volta: agnello e manzo affumicato


L'olio per condirli è più prezioso di un profumo firmato, il packaging mi intimorisce, ho  paura ad usarlo.


Questa alle 20:00 la situazione:


Ci mettiamo un pò ma alla fine vinciamo noi: tutto quel che si poteva ingerire è stato ingerito, tutto quello che c'era da dire è stato detto, i pacchetti di sigarette agonizzano in un angolo mentre i neuroni sono annebbiati dalla stregonata che ci ha colto impreparati, ma ancora reattivi.
E lo psyco-killer-sommelier se ne è accorto. Lo vedo da come ci guarda. Stiamo ancora parlando con una certa calma, senza mostrare cedimento e lui non lo sopporta, non accetta nessuna sconfitta, non tollera la nostra ostentata scorza dura e rilancia.
Arriva al tavolo con Demerara, cioccolato, acqua preziosa e Whisky: un duro colpo.






Liquidi ambrati, scuri, torbati cadono a gocce tra le labbra socchiuse di ognuno di noi. I volti sono tesi, la sconfitta appare come il volo di un avvoltoio nel cielo.
Il tempo però gioca dalla nostra parte, si unisce ad altro caffè, collabora con l'acqua e ci risolleva un centimetro alla volta dalla terra fredda. Passata un'ora Giovanni torna al tavolo e ci trova ancora lì.
Respiriamo, parliamo, ridiamo anche. Sfidiamo beffardi il nostro aguzzino sapendo che oltre non potrà andare, perchè oltre non c'è rimasto più niente. Lui sorride e compie l'ultimo gesto che vale come l'obbligo di rivincita: ci regala un'altra bottiglia, stavolta da portare via.
Ci alziamo da tavola un pò storditi. Salutiamo cordialmente l'intero personale, ringraziamo. I ragazzi ci guardano uscire sull'attenti, in rispettoso silenzio. Un pò malconci ma compatti e vittoriosi lasciamo finalmente l'Hotel California Miralago e torniamo verso casa mentre l'incantesimo comincia a svanire.
Grazie  a Tronco e Violetta, grazie al coraggioso Mr R e grazie soprattutto a Giovanni al quale rivolgo il mio ultimo pensiero: ... a cena domenica sera, il posto lo scegli tu. Vuoi?

Boccadirosa

p.s. Giovanni è una bravissima persona, preparata e gentile. La colpa è solo nostra ma questo voi, navigatori, lo sapevate già.


mercoledì 5 maggio 2010

L'OSTE DELLA BON'ORA E ALTRE AVVENTURE - prima parte


Navigatori,  
quello a cui state per assistere va fruito con un certo distacco. Non leggete se siete deboli di cuore, non proseguite se avete ancora una qualche morale e, soprattutto, non provate a rifarlo a casa. Ho volontariamente diviso il racconto di quanto è avvenuto quella egocentrica domenica in due parti. La prima è la recensione del ristorante: L'Oste della Bon'ora, Via Vittorio Veneto 133, Grottaferrata (RM), la seconda è un odissea vissuta da me e dai miei compagni di viaggio attraverso un inferno di bottiglie in cui ci siamo trovati per caso, ma non voglio anticiparvi null'altro. Procedo nel racconto, sentitevi liberi di cliccare altrove in ogni momento...

Sembrava un tranquillo giorno di riposo, uno dei tanti del calendario. C'era un progetto, un'idea da seguire, ma nessuno di noi si sarebbe aspettato di vivere uno dei magnifici sette tra i più controversi delle nostre storie.

Ma cominciamo con ordine, ci sono dei personaggi da presentare:

La Violetta: donzella silenziosa, intelligente, riflessiva, così chiamata per l'ombretto viola acceso sugli occhi. Violetta è una vera gourmet, una cercatrice. Non ti sommerge di opinioni in chiacchiera ma i suoi appunti sono precisi e azzeccati.

Il Tronco: il nome se lo porta dai tempi del liceo, non ho memorizzato il motivo, la prossima volta che lo vedo chiederò spiegazioni. E' il marito di Violetta, anche lui uno sfrenato amante dei piaceri della tavola con un'attenzione particolare al vino e patito del biodinamico, avrei scoperto poi.

Avevo già conosciuto questa coppia ma, e ve lo giuro, non  avrei mai pensato che rappresentassero un innesto tanto pericoloso con Boccadirosa e Mr R. Come disse qualcuno: la supposizione è la madre di tutte le ca#!!°te.

Ci troviamo in piazza a Grottaferrata per una gita fuori porta. Il nostro obbiettivo oggi è l'Oste della Bon'ora di Marialuisa e Massimo. Siamo sulla via che va verso Marino, l'insegna ci appare sulla destra. Io e Mr R cavalchiamo il fidato motorino, i nostri amici ci aspettano in macchina. Il locale è inserito in un bellissimo casaletto con parcheggio interno. Nonostante il tempo non sia generoso (e quando mai), ci sistemiamo sotto un gazebo di tende bianche subito fuori dall'ingresso del locale. Dentro ci sono due festose comunioni.
La premessa che voglio fare è questa: l'Oste è un locale a conduzione familiare, in cucina c'è Marialuisa, moglie di Massimo. I due bravissimi e preparati figli lavorano in sala e lo fanno con passione, cercando di star dietro al chiassoso padre che, lasciatemelo dire, il suo lavoro di Oste lo sa fare ad arte. Tutti e quattro sprigionano amore per il mondo della ristorazione da ogni centimetro di pelle, dagli sguardi, dal modo in cui parlano e trovo che il lavoro che stiano facendo sia eccezionale. Io non posso non considerare che questa famiglia ieri (1°Maggio) ha lavorato a spron battuto e che oggi sono a corto di materia prima e con due comunioni da gestire. La signora è stanca, i ragazzi pure, il padre non ne parliamo. SI' LO SO che non si fa, che quello che si mangia va giudicato per come arriva in bocca nel momento in cui lo mangi, ma è vero anche che io,  Boccadirosa,  non sono un critico e quindi queste considerazioni le voglio fare e il motivo c'è: in questo locale sono stata benissimo e voglio tornarci, anche se alcune delle portate non erano all'altezza delle nostre aspettative. Ecco, l'ho detto.

Cosa abbiamo bevuto:
p.s. cliccare per ingrandire le foto 


L'ultima bottiglia a destra è una Malvasia dei vitigni della zona di Pomezia, il vino della casa dell'Oste, assolutamente beverino. Le altre sono già note ai più e per ottime ragioni: Trebbiano di Valentini '05 e Barbaresco '99.  L'Oste ci costringe invita calorosamente a provare il menù degustazione ed è difficile dire di no a questo omone intraprendente, quindi nonostante io non sia una sostenitrice delle mini porzioni da scambiare, ci siamo lasciati coinvolgere nel percorso obbligato, ordinando poi tutti i secondi della carta. Prima gli antipasti (maddai, anche qui!):

Carcotto e Vellutata di zucchine con pancetta


 poi i primi:
Ravioli e Gnocchi alla Carbonara, Fettuccine alla A'matriciana in Cornucopia


...e la lunga lista dei secondi:
Fegatini e Trippa


Abbacchio alla Cacciatora e Pollo coi peperoni


Guancia brasata e Maialino al forno


Dopo aver assaggiato, scambiato, passato e riassaggiato, queste le opinioni sul pranzo all'Oste, devo dire piuttosto condivise da parte del gruppo: la vellutata non è molto saporita, ottimo invece il carcotto.  La carbonara è buona ma non è una carbonara, l'Amatriciana non è una Amatriciana e non è neanche particolarmente buona. Ma la pasta fatta in casa invece è buona, soprattutto ravioli e gnocchi. I secondi non ottengono un gran successo a parte il maiale. Il condimento dei fegatelli è eccellente ma i fegatelli sono troppo grandi e troppo cotti. Il pollo è poco saporito, l'abbacchio invece è saporito ma il condimento non è chiaro, misterioso. La trippa non piace e Boccadirosa non sa giudicarla, non l'ha mai saputa apprezzare. 
Nonostante il già considerevole numero di pietanze assaggiate, decidiamo di non farci sfuggire il dolce, non si sa mai, dovessimo morire di fame:

Charlotte di mele e Crema Marialuisa


...e qui navigatori miei, finalmente, ci siamo. I dolci sono eccellenti. Come il Tronco ci ha fatto notare, in entrambi i dolci non si sente molto la farina e c'è spazio per il sapore dei tuorli d'uovo "di ottima qualità", aggiunge Mr R. 
Siamo soddisfatti. Ci alziamo da tavola senza prendere caffè ne amari, siamo intenzionati a raggiungere un posto in zona per sederci ancora e dedicarci agli sfizi del dopo pranzo (e qui dovrebbe partire una colonna sonora un pò inquietante, alla "Rosmary's Baby", che annunci l'imminente disastro... partita?).
A pagare è stato Mr R all'insaputa di tutti, non so dirvi quindi a quanto ammonti il conto. I menù degustazione (antipasti e primi, vino escluso), sono costati €35 a testa, così diceva la carta,  il resto dovrò un giorno scardinarlo dal silenzio di Mr R . Prima di lasciare il locale io e Violetta facciamo una capatina nei bagni del casale e scopriamo che qui i servizi sono migliori che al de Russie: nella toilette delle donne ci sono saponi, profumi, deodoranti e collant a disposizione, l'arredamento è adorabile, la pulizia impeccabile. Ve li mostro:

 

Raggiungiamo ognuno il rispettivo mezzo di trasporto. Io, Boccadirosa, ho proposto la tappa successiva (chiedo scusa a tutti) e con Mr R facciamo strada ai nostri compagni  d'armi. Intanto le prime gocce cominciano a cadere: è il preludio di un temporale che di lì a poco ci costringerà a prolungare la permanenza ai Castelli romani, terra di folletti e streghe, di incantesimi e avvistamenti alieni, di salite che vanno in discesa e discese che invece salgono e di innocui Hotel dove per magia e senza preavviso alcuno, il tuo tranquillo pomeriggio si trasforma in una lunga discesa negli abissi del gusto vizio.

 continua qui...