venerdì 26 marzo 2010

L'ISOLA FELICE - Via Tibrutina 8, Roma





Navigatori cari, 
questo doveva essere un post su Sforno, la mitica pizzeria di via Ottato, solo che i ragazzi stanno talmente carichi di clienti che dividono le prenotazioni in due turni: uno alle 20, l'altro alle 22 e per stasera non erano orari possibili. Vabbè, da Sforno avremo modo di tornare, intanto ne approfitto per raccontarvi di un posto decisamente interessante che si trova in zona San Lorenzo, precisamente al numero 8 di via Tiburtina a Roma.

La moto di Wolf è arrivata sotto casa mia intorno alle 20.30. Avevo già telefonato e appreso che non sarebbe stato possibile mangiar pizza e mentre pensavo ad una valida alternativa mi sono ricordata di questo piccolo ristorante dove con Mister R abbiamo trascorso un piacevole capodanno. Ho proposto a Wolf di provarlo per la cena e Wolf ha accolto con entusiasmo.

Su via Tiburtina, proprio a ridosso del piazzale, una cascata di edera nasconde l'ingresso dell'associazione culturale L'Isola Felice di Markus e Petra. Petra è una simpaticissima signora tedesca,  Markus suo figlio. La passione per l'enogastronomia li lega indissolubilmente ed insieme gestiscono il ristorante in ogni aspetto: dalla scelta del menù fino alla realizzazione dei piatti, passando per la selezione dei vini e varie ed eventuali iniziative dell'associazione.

Il locale contiene 25/30 coperti. L'arredamento è davvero originale: quadri astratti su tutte le pareti, drappeggi, tappeti e tende dai colori molto caldi. Anche i tavoli sono in realtà dei quadri, protetti da una lastra di vetro sul quale a nudo è apparecchiato per la cena (foto sotto)



Ci accoglie Markus, un padrone di casa gentile e preparato. Il menù è molto più ampio di quanto mi aspettassi: diversi antipasti, molti primi, secondi di carne o pesce e dolci fatti da Petra, più una carta separata per i piatti del giorno. Io e Wolf ordiniamo:
  • flan di broccoletti
  • involtini di carpaccio di manzo con brie, nocciole e calvados
  • chitarre con carciofi, speck, menta e pecorino di Pienza
  • filetto di manzo speck e brendy
da bere: una bottiglia di Red Angel on the Moonlight, rosso a base di Pinot nero del Friuli Venezia Giulia, imbottigliato da Jermann nel 2007.

Già dall'antipasto rimaniamo piacevolmente colpiti: sia la presentazione che il gusto sono intrise della passione che Petra e Markus hanno per il cibo e si sente. Bella idea quella degli involtini di carpaccio cosparsi di granella di nocciole, adagiati su un letto di rucola e conditi con miele e calvados. Certo l'insipida rughetta romana non aggiunge niente alla dolcezza del piatto, se avesse avuto un pò del suo caratteristico piccare sarebbe stato perfetto. 

Con la pasta iniziamo a conoscere le abili mani della Signora Petra. Il condimento delle chitarre è così equilibrato da permettere l'ascolto di tutti i sapori assolutamente distinti: il carciofo, il pecorino, lo speck e la menta si separano in bocca divertendo il palato. Il vino scelto è un pò impegnativo per questo primo e Markus apre per me un bianco siciliano, Salina Colosi 2008. Wolf invece continua con il Pinot friulano.
Arriva il filetto e la festa va avanti. Con Wolf conveniamo che Petra ha il dono che ogni chef dovrebbe avere, quello di saper dosare gli elementi di una pietanza in modo perfetto. La carne, di ottima qualità, è condita con una salsina veramente golosa e finiamo entrambi a pulire il piatto con il pane per non sprecarne neanche una goccia. Intanto il vino è mutato completamente e si incastra bene con i sapori del secondo.
Per chiudere abbiamo assaggiato due dei dolci proposti: la panna cotta ai pistacchi di Bronte e una strepitosa crostata scura di mirtilli: la Germania finisce finalmente nei nostri piatti. La pastafrolla è quella tipica del nord Europa, molto friabile e con degli aromi particolari, buonissima. Dopo un caffè e due shot di vodka salutiamo e ringraziamo i nostri ospiti spendendo complessivamente 90 euro.

Tornerò sicuramente a trovare Petra e Markus. Andare all'Isola felice è un pò come entrare nella loro vita ed attingere direttamente dalla loro passione. Più che un ristorante è la loro "casa" e l'esperienza che ne viene fuori è interessante da ogni punto di vista, non solo quello eno-gastronomico. 

Ricordate navigatori che il posto è piccolino, se volete essere sicuri di mangiare è meglio prenotare (06/4440114), mai di martedì che Petra e Markus riposano.

 Boccadirosa

lunedì 15 marzo 2010

Un Post a tavola n° 3 - Frittella mon amour




Nel titolo c'è un errore anzi, un piccolo inganno.
Non si tratta realmente di frittelle nella loro accezione più comune, ovvero la pasta del pane fritta, bensì di calzoni. Solo che mia nonna, nonna Nina di Canosa, li ha sempre chiamati frittelle, quindi per i figli e per noi nipoti questo piatto si chiama e si chiamerà per sempre così: le frittelle di Nonna Nina, chiuso l'argomento.

Scriverò la ricetta copiando fedelmente da un foglio di carta color seppia che avrà almeno vent'anni e che è stato scritto da mia madre mentre mia nonna dettava dall'altra parte del telefono.

Frittelle (calzoni) mamma X8 
             
             1 Kg farina
             3/4 lievito
             1 bicchiere d'olio
              sale - acqua calda

farina - olio - lievito - sale - acqua - si impasta e si lavora, si fanno tante palline, col matterello si spianano e si riempiono di prezzemolo formaggio pomodoro - per chiudere i panzerotti spennellare con acqua e premere - friggere

Proprio così, ma facciamo un passo indietro.

E' domenica, come spesso accade, e stavolta cucino io. Mister R si è accomodato su una sedia del lato "soggiorno" del microloft e mi guarda divertito come si guardano i bambini alla recita della scuola.
Ho già fatto la spesa e ho sistemato gli ingredienti tutto intorno a me: una mis-en-place che farebbe rabbrividire qualsiasi Chef.
Sul tavolo di legno rovescio un kg di farina, al centro faccio un buco con la mano e verso l'olio, l'acqua calda nella quale ho sciolto il lievito e un pò di sale, esattamente come faceva lei, quel portento di nonna. Ho fatto attenzione al bicchiere per misurare l'olio perchè quelli che oggi compriamo spesso basterebbero a dissetare un cammello. Ho preso un bicchiere piccolino che ricorda la misura di quelli usati tanti anni fa. Comincio ad impastare arginando il liquido che fuoriesce dappertutto e come per miracolo, dopo qualche minuto, la pasta prende forma. A questo punto la lavoro per almeno una mezz'ora affaticandomi non poco ma godendo della sensazione della pasta tra le mie mani. Divido l'impasto in tante palline grosse come un pugno chiuso e le spiano con il matterello formando dei dischi ellittici non troppo sottili. Prendo l'olio e ne metto un pochino su ogni disco, poi aggiungo una caciotta saporita tagliata a cubetti, del prezzemolo, i pomodori pelati strizzati e il sale. Con il dito passo un pò di acqua calda sul bordo e chiudo le frittelle per bene, altrimenti in fase di frittura succede un quarantotto.
Mister R a questo punto si alza dalla sedia e si occupa della cottura, immergendo nell'olio bollente per almeno sette/otto minuti ciascun calzone, fino a farlo dorare per bene.
Sono pronti.

A lato ho pensato all'insalata più fresca che mi venisse in mente e ho scelto finocchi, arance e olive nere al forno, condita con olio sale e pepe.




Da bere, sempre con l'idea di qualcosa che rinfreschi, abbiamo champagne: Vincent Bliard Brut


Ed ecco pronto il mio pranzo domenicale.
Le opinioni di Mister R: la pasta andava tirata ancora un pò per rendere più leggere le frittelle, il formaggio (una qualsiasi caciotta presa al GS) doveva essere molto più saporito e forse c'è troppo prezzemolo. Però la pasta è ottima e il risultato finale è comunque molto buono, stiamo parlando del famoso pelo nell'uovo (di Paolo Parisi, si intende).
Per Boccadirosa questo piatto è soprattutto un salto nel passato. Il suo sapore evoca il ricordo delle domeniche più gioiose, quelle in cui noi cugini correvamo da una parte all'altra della casa dei nonni tutti eccitati per quello che stava succedendo in cucina. In questo ricordo c'è Nina già bianca di capelli con un sorriso dolcissimo sempre incastrato nel volto, piegata sul tagliere ad impastare mentre le figlie aiutano, guardano e imparano il segreto dei bofonchiotti dorati. Che meraviglia.

Mangiamo un bel pò di frittelle e dopo un lungo riposino pomeridiano ce ne andiamo al cinema a vedere Shutter Island. Tornati a casa spazzoliamo le frittelle avanzate e non paghi, con pasta, pomodoro e formaggio rimasti, facciamo pure un pò di pizza.
Amo la domenica.

A presto, navigatori
Boccadirosa

martedì 9 marzo 2010

Un Post a tavola n°2 - Anatre e Paperi



Domenica di inizio Marzo. 
Location: casa del Signor Bocca e della Signora Rosa
Interpreti: Signor Bocca, Signora Rosa, Mister R, Boccadirosa, Attila.

C'è poco da dire, il sangue non mente.
Magari un pochino, voglio dire non del tutto.
Mettiamola così: se l'amore per il vino e per il cibo sono contenuti in un qualche gene ereditario, ebbene io l'ho ereditato. Se anche l'arte del cucinare rientra nei caratteri trasmissibili, diciamo che è stato trasmesso ma forse mi serve un pò di esercizio. E pazienza. E metodo.
Ok per ora ho solo il Pedigree ma lo voglio incorniciare e appendere nella parete più bella.

Ore 13.00: arriviamo a casa della Signora Rosa.
Attila, un beagle pazzo come pochi altri al mondo ci corre incontro al cancello. E' lui a scortarci fino all'ingresso per poi tentare impunemente la conquista degli alloggi. Stavolta riesce ad intrufolarsi fino alla cucina poi Bocca Senior lancia un grido scomposto e Attila corre fuori casa con l'espressione di chi sta per riprovarci: datemi cinque minuti, stupidi umani.

Dopo un inizio dedicato al come stai, come va, cosa fate di bello, ci sono novità e così via, stappiamo lo champagne e ci sediamo a tavola per l'antipasto:
Marguet Blanc de Noirs Brut nelle coppe (provenienza Remigio) e polentine al forno con baccalà mantecato nei piatti.
O dovrei dire stoccafisso. Non avendo chiara la differenza tra le due bestie ho indagato ed ecco il risultato:
Baccalà. Merluzzo bianco (pesce dal corpo affusolato presente nei mari del Nord) conservato sotto sale.
Stoccafisso. Merluzzo artico norvegese conservato per essiccazione (senza sale). E' simile al baccalà seppure dal sapore differente, in Italia settentrionale viene chiamato bacalà.



Quindi stoccafisso mantecato. Buono. Davvero tanto buono. Il sapore delicatissimo, la consistenza a tratti sensuale, il colore di un bianco opaco disarmante. Poco. Io e Mister R abbiamo scoperto un piccolo scrigno segreto in un angolo della cucina con altro bacalà e come Lupen e Margot siamo riusciti a trafugarne un paio di cucchiaiate extra. 
 
Arriva il primo: fettuccine Campofilone con pancetta affumicata di Liberati, funghi porcini, prezzemolo e parmigiano: molto buono e molto tradizionale. Cosa c'è di meglio di un piatto di fettuccine la domenica a pranzo?


Ma il piatto forte deve ancora essere servito.

Tra una portata e l'altra, Bocca Senior traffica in cucina. Ci arriva un continuo rumoreggiare dei piatti che sbattono, di utensili che cadono, suonerie di diversi timer e ordini impartiti alla Signora Rosa che cerca di arginare i danni.
Per quest'ultima portata anche Mister R decide di collaborare assistendo Bocca nel complicato atto di tagliare ed impiattare. Ma cosa? si chiederanno i navigatori.
Ebbene loro: i magnifici petti d'anatra (provenienza, manco a dirlo, Liberati)
La ricetta è quella classica al vino rosso: la carne, prima ben rosolata poi passata al forno, è ora disposta nel piatto come una tagliata e ricoperta di patè caldo di fegato d'oca (misto, ci tiene a sottolineare Bocca S.) al Madeira.
A lato: cipolline in agrodolce e carciofi cotti in padella preparati da Rosa.
Siamo estasiati. La carne di questo uccello acquatico ha un sapore unico: selvaggio sì, ma allo stesso tempo sofisticato. Il matrimonio con il patè è combinato bene, ma ancor di più sono le cipolline che ne esaltano le caratteristiche, le cipolline più buone che io abbia mai mangiato, perfettamente compatte e cotte ad arte, dolci al punto giusto. 
La signora Rosa mi ha raccontato la ricetta, ve la riporto:

1/2 kilo di cipolline tenute a lungo in acqua fredda e sfogliate fino al cuore.
Sciogliere in padella 50 grammi di burro e prima che imbrunisca aggiungere le cipolline, un cucchiaio di zucchero, 2 cucchiai di aceto di vino bianco, sale e pepe. Lasciar cuocere a fiamma bassa per una ventina di minuti facendo asciugare l'intingolo quasi completamente.

Stappata un' altra bottiglia di Montefalco ci gustiamo lentamente queste delizie, assaporando ogni diverso elemento e le varie combinazioni di sapori. Sono in preda allo stupore come Alice nel Paese delle Meraviglie.
Divorato tutto, compreso ciambellone e piccole uova di cioccolata extra-fondente, io e Mister R crolliamo sul divano, poi sul letto, poi ancora sul divano per il resto del pomeriggio.
Giunta la sera, dopo un thè alla menta ben ossigenato e la lunga serie di ringraziamenti per i nostri eccellenti ospiti, ce ne andiamo a vedere il film del mio maestro Tim Burton, con tanto di occhialetto 3D.


Una domenica fantastica che si concluderà con l'immancabile coppia di vodka tonic e un grande punto interrogativo nel cervello: qualcuno sa dirmi perchè un corvo assomiglia a una scrivania?

Boccadirosa

sabato 6 marzo 2010

REMIGIO - Via S. Maria Ausiliatrice 15, Roma

  


Sulla facciata dell’Abbazia di Saint-Remi a Reims c’è la celebre scultura dell’angelo che ride.
Reims è situata nel centro della regione Champagne-Ardenne ed è nota per la produzione del più famoso vino spumante di tutto il mondo.
Sinceramente anche io, fossi in lui, me la riderei di gusto.

Navigatori, non basta un solo intervento per parlarvi di questo posto, ne sono consapevole. C'è troppo da dire sui vini e sulle pietanze che si possono gustare da Remigio, ma da qualche parte dovrò pur cominciare, quindi andiamo.



Remigio è un piccolo tempio al quale devoti di ogni provenienza e nazionalità scelgono di andare in pellegrinaggio durante ogni periodo dell'anno. 
Scherzi a parte. 
E' un locale sito in via S. Maria Ausiliatrice a Roma, il civico è il numero 15, l'insegna è quella che vedete nella foto sopra.
Qui si vendono vini bianchi e rossi, italiani e francesi ma soprattutto champagne importato direttamente da Maison conosciute e meno conosciute della regione francese. Già questo rende possibile un rapporto qualità-prezzo fortemente competitivo, che non è comunque l'unico punto di forza della piccola enoteca.
Remigio ha una ventina di sedute all'interno e uno spazio con altrettanti posti sotto un gazebo esterno, vende al dettaglio ma ama ospitare i suoi clienti, viziarli con una scelta ricchissima di vini  e champagne in mescita e nutrirli con specialità gastronomiche che nel tempo si stanno raffinando sempre di più.

Solita trafila organizzativa pomeridiana: chiamo Wolf, Wolf è libero. C'è Kill a casa mia che decide di unirsi al gruppo, Avy e Micia ci raggiungeranno lì a fine pasto (Micia ieri ha cucinato quintali di Thai food e ora non vuole sprecare gli avanzi): appuntamento ore 21.30.
Io e Kill siamo in macchina con Wolf che non ricorda mai la strada per arrivare al tempio. In verità è semplicissimo perchè via S. Maria Ausiliatrice è una traversa di via Tuscolana: andando verso fuori Roma la trovate tre semafori (perennemente rossi) dopo il ponte della stazione Tuscolana, sulla destra.
Entriamo e troviamo posto, abbiamo comunque rischiato senza prenotazione (consigliata in particolare per chi volesse cenare).
Sul bancone ci sono le tapas dell'aperitivo e, prima ancora di salutare l'oste, Kill e Wolf se ne sono già tirate un paio tra le fauci spalancate. Non posso dargli torno perchè l'aperitivo da Remigio consiste in un intrigante selezione di pinchos assortiti e non solo. Eccone un esempio: 




Stasera al bancone c'è solo Stefano, a volte capita di trovarlo con Fabrizio, a volte con Roberto, altre insieme a Gianluca o Federica. Ma Stefano, anche in veste di oste solitario, è proprio l'uomo di cui abbiamo bisogno perchè oltre a servire da bere con sapienza, è lui che si occupa della questione gastronomica. Diamo un'occhiata al menù scritto a mano con un pennarello sulla lavagna nera, la scelta è davvero ardua. Ne veniamo a capo come segue:
Wolf: bloc de foie gras
Boccadirosa: tartare al coltello
Kill: selezione di formaggi
Per lo champagne ci facciamo consigliare: Aubry Brut, ovviamente l'intera bottiglia (prezzo di vendita 30 €, al tavolo o da asporto).
Ci accomodiamo e aspettiamo brindando a qualsiasi cosa ci venga in mente: il nuovo film di Tim Burton, la pioggia incessante, i parcheggi in doppia fila e cose così. Ogni scusa, si intende.
Quando arrivano le pietanze rimaniamo incantati per qualche minuto bofonchiando commenti che non saranno mai all'altezza della presentazione dei piatti e che quindi non ripeterò.

La Tartare è di Fassone piemontese, condita in modo classico: cetrioli, cipolla, capperi, acciughe, prezzemolo, tabasco, senape, salsa worcestershire e le immancabili uova fresche di Paolo Parisi. Si trova al centro del piatto a forma di cilindro e intorno sono disposti ordinatamente quattro diversi tipi di sale: nero delle Hawaii, affumicato danese, giapponese al thè verde Matcha, aromatizzato con arancia e bacche rosa. Poi qualche decorazione di aceto tradizionale e olio extravergine di oliva monocultivar ascolana Del Carmine.

Il Bloc lo produce Jolanda de Colò.  E' servito sotto forma di due rotelle color, oddio che color... non mi viene in mente. Direi un rosa antico tendente all'arancio,  accompagnato da insalatina e gelatina di mele cotogne con tanto di piccolo cucchiaio di legno a lato.

La selezione di formaggi, molti dei quali provengono dalla Bottega Liberati è un classico cerchio di delizie con al centro confettura di cipolle rosse di Tropea e miele di Tiglio. Questa la scelta: robiola Bosina piemontese, brie di capra dell'Alto Adige, Rosso di langa piemontese, Murazzano piemontese, Camembert di capra stagionato dell'Alto Adige, Doppia muffa dell'Alto Adige e per finire Carublù, un erborinato affinato con fave di cacao sempre dell'Alto Adige.

Saziati gli occhi, affondiamo i denti nelle diverse consistenze: la morbidezza della Tartare, così ben tagliata da diventare spalmabile, la compattezza accattivante del Foie e la sua dolcezza impagabile, le varie punte di gusto dei pezzetti bianchi di formaggio e tutti i condimenti: gelatine, confetture, miele, sale.
La conversazione, prima vivace e brillante, ora è paragonabile alle espressioni incantate di tre bambini davanti ai Teletubbies, fatta solo di mmmh oooh aaah e qualche sporadico: "Assaggia questo!"
Quando Avy e Micia ci raggiungono abbiamo già spazzolato ogni briciola di cibo e ci gustiamo insieme ai nuovi commensali alcuni rossi alla mescita: Barbaresco Rabaja di Giuseppe Cortese del 2004 e Montepulciano d'Abbruzzo di Emidio Pepe, 2005.

Soddisfatti da ogni punto di vista lasciamo Stefano alle operazioni di chiusura, ringraziandolo di cuore e serbando in segreto il desiderio di essere adottati dalla famiglia Remigio, anche per fare le pulizie, se necessario.

Termina così il primo dei nostri pellegrinaggi al tempio. So che Mister R, il gran lavoratore, veglia su di noi con la sua benedizione.

A presto, navigatori!
Boccadirosa

giovedì 4 marzo 2010

Un post a tavola n° 1 - Dimmi che uova usi, ti dirò chi sei



E’ domenica.
Non che la domenica abbia per noi un qualche particolare significato, e’ solo domenica.
Anzi, ora che ci penso, un particolare significato ce l’ha: si mangia.
Certo, perché durante la settimana io e Mister R siamo troppo indaffarati per occuparci della questione nutrimento, sia in termini di salute che in quelli di gusto e spesso lasciamo che i nostri corpi incedano nel tempo e nello spazio alimentati da sola energia, magari quella mistica dell’Universo. 
Ma la domenica no, la domenica si è liberi dall’oppressione del lavoro e ci si dedica a soddisfare questo così affascinante bisogno nei modi più disparati.
Uno di questi è comune a milioni di persone: facciamo la spesa e cuciniamo a casa.
Ad essere onesta con voi, navigatori, dovrei parlare al singolare, FA la spesa e CUCINA a casa. 
La verità è che il nostro Mister R non mi lascia avvicinare ai fornelli neanche per guardare e solo di recente ho avuto accesso allo sgabello del tavolo in cucina con l’onorevole compito di pelare patate o pulire carciofi e vi assicuro che me lo sono sudato quel diritto.
Vorrei quindi raccontarvi del nostro ultimo pranzo per darvi un’idea di cosa succede in casa nostra quando si decide, finalmente, di mangiare.

Intanto diamo insieme un’occhiata alla busta della spesa:
pomodori pelati
pancetta a fette
ravioli al parmigiano
ravioli cacio e pepe
abbacchio
Provenienza: Bottega Liberati

Poi:
Carciofi
Patate
Funghi
Odori
Pane
Provenienza: GS sotto casa

Ancora:
Riesling Jos. Christoffel Jr. 1998
Clos du Caillou, Remoriquet, 2006
Pomerol. ch.  Gombaude - Guillot 2004
Provenienza: Remigio

Fino a qui sembrerebbe semplice, vi assicuro che non lo è.
Potreste pensare che i pomodori siano meri pelati, che la pancetta sia solo pancetta o che i ravioli siano prodotti da sconosciuti pastai ma commettereste un errore imperdonabile.
Ogni alimento ha nome e cognome ed è come se a tavola non fossimo due (o quattro se contiamo gli invitati) bensì almeno sei, se non otto.
Nel dettaglio:
i pomodori sono i pelati D.O.P. San Marzano di Gerardo di Nola, i ravioli li fa Mauro Secondi utilizzando solo uova di Paolo Parisi (il simpatico signore della foto), la pancetta è firmata Poder (Val d’Ultimo) e l’abbacchio è quello di Carpineto. 

A partire da queste strepitose materie prime, Mister R ha creato un menù degno dei migliori ristoranti dove pagheresti probabilmente tanto quanto ti rimane dell’eredità di famiglia.
Per primo: ravioli cacio e pepe e al parmigiano con salsa di pomodoro e pancetta croccante. Secondo: cosciotto d’abbacchio al forno con contorno di funghi, patate saltate e carciofi. 
Eccezionale, da togliere il fiato.
Il pane, come al solito, non lo abbiamo toccato mentre le tre opere d’arte in bottiglia sono ancora in circolo nel mio sangue ad inebriare globuli d’entrambi i colori.
Che dire, una perfetta domenica di fine inverno terminata con la visione di Invictus, tre vodka tonic, lezione teorica di rugby e accesa discussione sulla natura dell’animo umano.
Mi pare di aver detto tutto…

A presto
Boccadirosa

Ps: anche io so cucinare, lo giuro!