E’ andata più o meno così.
Sabato, sera appena calata, lo stomaco chiede altro cibo piemontese igt, io e Mr R vaghiamo per le langhe Desolate in cerca di una qualche forma di civiltà. Scorgiamo luci su cucuzzoli in lontananza ma ogni volta che proviamo a raggiungerle ci troviamo allo stesso punto di partenza, come i video-maker della strega di Blair. Vigne dappertutto, aziende agricole nascoste da alberi giganti e verdissimi, indicazioni ingannevoli e strade che si arrotolano ad ogni incrocio (qui il bivio è un concetto superato). Anche il navigatore satellitare ha perso l’orientamento e noi, con lui, ogni speranza. Poi un lampo di genio: il sussidiario Slow Food sulle Osterie d’Italia. E sia.
Accostiamo a lato di un allevamento di fassone, le bestie ci guardano con sufficienza, il vento sta aumentando e si trascina qualche nuvola a spasso nel cielo, ormai quasi illuminato dalla luna sola.
Telefono alla mano chiamiamo ogni minuscolo anfratto con cucina di tutti i paesi citati nei su scritti cartelli, questa la conversazione tra Boccadirosa e Mètre:
M.: “Vattelappesca anfratto sperduto nelle langhe, buonasera!”
B.: “Buonasera. Vorremmo prenotare un tavolo…”
M.: “Per quando?”
B.: “Stasera, siamo due”
M.: “Ah! Mi spiace! Siamo al completo”
B.: “…orc… ok grazie”
M.: “Di nulla, a presto”
E questo si ripete decine e decine di volte, ad ogni tentativo. Alla fine, bucati quelli con bottiglia, lumachina, formaggino e qualsivoglia disegnino della guida, chiamiamo Cascina Schiavenza, a Serralunga d’Alba (proprio il cucuzzolo illuminato dietro di noi). La Schiavenzina dall’altra parte della cornetta ci conferma un tavolo: siamo salvi. Rinfrancati proviamo a dialogare con Gina, il navigatore, ed ella reagisce indicandoci con esattezza la via per il paese.
Dietro la chiesa parrocchiale di Serralunga, la trattoria avamposto della omonima azienda agricola ci attende con la sua sala non troppo grande, sobria e curata. La prima impressione non è esaltante. Tutto molto bianco, pochi ospiti, due sole ragazze ad occuparsi del servizio e marchio Schiavenza ovunque. Il menù e raccontato a voce perché la proposta della cucina consiste unicamente in due antipasti, due primi, due secondi e bottiglie prodotte dall’omonima.
Senza entusiasmo ordiniamo quanto segue:
- Barolo Prapò Schiavenza (avevamo altra scelta?) 2004
- Fiori di Zucca ripieni con salsiccia e prezzemolo
- Vitello tonnato
- Ravioli del Plin burro e salvia
- Brasato al barolo e faraona alle erbe
E se la fame vien mangiando, navigatori, l'entusiasmo vien mangiando cose buone. Le zucchine sono ottime, il vitello (un must have dei menù piemontesi) gustoso. I ravioli? I migliori assaggiati in langa: pasta sottile e condimento perfetto. Il brasato al barolo stupisce meno: è tagliato parecchio sottile, quindi carne inconsistente e condimento invadente ma comunque gradevole al palato, come la faraona e le verdure, molto saporite. Il vino non è tra quelli da esporre in cima alla piramide della collezione privata, ma fa egregiamente il suo dovere. Il cestino del pane? adorabile
E per la prima volta, qui in casa Schiavenza, mi presentano il Bonet, un dolce davvero eccezionale, destinato ad entrare nella mia top 3. E' una sorta di budino a forma di torta (ma suppongo possa avere altre forme), leggermente più denso, fresco e assolutamente peccaminoso.
Chiediamo il conto dopo aver gustato un ottimo caffè e i nostri volti soddisfatti mutano in meraviglia nell'apprendere che la spesa, tutto compreso, è di 75€.
Bravi i Signori Schiavenza, ottimo il rapporto prezzo/qualità.
Immacabile visita ai bagni...
...e via dalla Cascina.
Siamo rimasti contenti, io e Mr R, di questa piccola osteria di langa: cibo gustoso, servizio impeccabile e prezzi contenuti. Avrebbe meritato di essere scelto direttamente e non come ultima spiaggia quindi, per riparare, lo consigliamo a tutti i navigatori che come noi si troveranno a vagare nelle Desolate in cerca di buon cibo piemontese e di vino beverino Schiavenza doc!
un abbraccio
Boccadirosa
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