venerdì 19 febbraio 2010

PRIMO AL PIGNETO – Via del Pigneto 46, Roma














Buongiorno navigatori cari.
Come si evince dal titolo, questo post di oggi è il resoconto della serata di domenica 14 Febbraio da Primo al Pigneto, locale ormai noto della capitale. Mi scuso con voi ma non posso non aprire una piccola parentesi su quel che è avvenuto prima di questa cena, cosa che mi ha impedito, sino ad oggi, di mantenere la posizione eretta, parlare ad un tono di voce udibile dagli esseri viventi (inclusi i cani), ingerire qualsivoglia nutrimento, andare al lavoro e, ovviamente, scrivere questo post come di consueto, il giorno stesso o il giorno dopo l’avvenuto “consumo”.

Non tutti sanno che il 14 Febbraio scorso ha segnato l’inizio dell’anno della Tigre nel calendario Cinese. Avrete notato come i simpatici orientali stanno popolando sempre più allegramente le nostre città e un paio di ‘sti ragazzi sono attualmente i miei datori di lavoro.
Domenica a pranzo ci siamo ritrovati noi lavoratori caucasici e loro capi cinesi, parenti dei capi e amici dei capi cinesi, intorno ad un tavolo imbandito di prelibatezze orientali per festeggiare il Capodanno: dall’anatra alla pechinese agli involtini primavera (quelli veri), dai granchi fritti alle (che Buddha mi salvi) lingue d’anatra, tre vassoi di ostriche, sei spigole, qualsiasi stravagante salsina agrodolce che sia mai stata preparata e fiumi di prosecco per brindare ogni sei secondi al felino anno nuovo. Tutto questo ha messo veramente a dura prova il mio stomaco, in particolare le terrificanti lingue d’anatra e il fiume alcolico che ci ha inondato. Da metà pasto in poi ricordo solo il folcloristico rumoreggiare dei miei nuovi amici asiatici nell’atto di ingoiare le ostriche, il succhiare e sputare teste di pesce con tanto di occhi e scaglie, i lievi e gentili ruttini prodotti durante il pasto (da loro si usa) e le inarrivabili (in termini di decibel) grida di giubilo e felicità. Un’esperienza antropologica unica e divertente ma devastante. Per riprenderci un po’ della nostra occidentalità io, Leggenda, Direttore, Margherita e Caramello (i miei colleghi) ci siamo accomodati in un bar per uno shottino d’amaro Lucano che, come per magia, si è trasformato in quattrordici, sì ho detto quattordici, schottini d’amaro Lucano. Ridotta in fin di vita sono tornata da Mister R che per fortuna riposava e mi sono aggiunta all’altra metà del letto sperando che dormisse ancora per qualche ora e così è stato. Ho recuperato giusto il necessario a poter ricevere il colpo di grazia. Di morire avrei avuto tempo la mattina successiva.

Nel mezzo c’è stato Primo e quanto segue è quel che è successo lì.


Mister R è in gran forma, Boccadirosa meno. Parcheggiamo dopo qualche litigata con prepotenti e prepotentesse della strada non troppo distante dalla zona pedonale del Pigneto. Come per altri quartieri trendy di Roma è consigliabile muoversi con i mezzi o con due ruote sperando che non piova come invece continua a fare da più di un mese. Ci accoglie un uomo gentile, credo uno dei soci e ci invita ad attendere qualche minuto fuori prima che si liberi il tavolo. Abbiamo prenotato ma oggi è pur sempre San Valentino e il locale è stracolmo di coppie in vena di celebrazioni (ancora con San Valentino, credo di aver pensato, oggi è Capodanno!).
In breve siamo seduti al nostro tavolo dalla forma ovale e senza tovaglia, non ho ancora capito se per scelta, per la forma, o perché avessero finito le stoffe.
Lo staff di sala è molto educato e professionale se si esclude qualche antipatia personale e nonostante ci sia veramente molta gente, il servizio risulta veloce e attento.
Sul menù sono segnati undici tra antipasti e selezioni, due zuppe, cinque primi, sei secondi e sei dolci.
Entriamo nel vivo.
Come antipasto Mister R ordina un carpaccio di baccalà, insalata di pomodori verdi e melone bianco, Boccadirosa una selezione di pecorini.
Osservo il volto di Mister R che, senza bisogno di parole e con il solo muovere leggermente gli angoli della bocca verso il basso, mi informa che il baccalà non è esattamente un'esplosione di gusto e che si sarebbe aspettato molto di più. I miei pecorini sono ugualmente poco interessanti. Nel frattempo ci viene servito il vino che abbiamo scelto dalla notevole selezione del locale: Chardonnay Saint-Romain “En Jarron” 2005. Si inzia a ragionare.
Mi sento in vena di primi e ordino il piatto di gnocchi di semolino, bottarga, uova di quaglia e salsa di broccoletti. La presentazione è accattivante: il verde della salsa fa da sfondo al giallo dei 3 grandi gnocchi di semolino puntinati di rosso (bottarga) con 3 piccole uova leggermente bollite al lato. Anche al palato non delude e finalmente riconosco la mano dello Chef Marco Gallotta. Mister R, in vena di perfezionismo, è altrettanto colpito ma si domanda la funzione delle uova di quaglia. Ora, per noi profani (ok, per me profana) un piatto dovrebbe essere bello e notevolmente buono, ma chi vuole andare oltre sa che il ruolo di ogni elemento della pietanza deve essere chiaro e funzionale. In questo caso l’amaro del broccoletto, il dolce dello gnocco e il sapore accentuato della bottarga già potrebbero bastare per creare il giusto equilibrio. E le uova? A che servono ‘ste benedette uova? Decisamente non ho la risposta.
Baccalà arrosto con broccoletti romani in salsa al nero di seppia, come secondo, ha invece soddisfatto appieno l’esigente palato del mio compagno di merende.
Per concludere: Crema Catalana e semifreddo alle mandorle con caramello al balsamico e mandarini, che onestamente non ricordo bene perché rapita dalla mia prima esperienza con uno strepitoso Calvados Dupont (e BasArmagnac Dartigalougue per Mister R).
La serata è stata bella e ricca di approfondimenti eno-gastronomici in chiacchiera, segno che il posto vale e che l’attenzione da Primo è sempre concentrata su quello che hai sul tavolo, nel piatto e nel bicchiere e non sulle faccende domestiche, sull'ultima partita della Roma o sulla scelta dei big del Festival di Sanremo.
Euro? 120 e ci sta.
AH! Quasi dimenticavo. Non credo sia all’altezza del locale il loro cestino del pane (sapete che ci tengo…).

Boccadirosa

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